Il muro pieno di orologi che segnano le cinque in punto – illustrazione di Nicole Donaldson – dice molto su Tre casi per l’investigatore Wickson Alieni (Bompiani, 2018), l’ultimo libro di Luca Doninelli; e visto che è l’illustrazione di copertina, vale la pena iniziare a parlare del libro proprio da lì.
Come quegli orologi, anche le tre storie che compongono il libro sono cristallizzate nel tempo. Il canovaccio, seppur stravolto, è quello del giallo, e l’ambientazione non può che essere Londra, la città di Sherlock Holmes. Basta leggere il prologo, però, per capire di che pasta è fatto il libro: nella Londra di Doninelli, le brillanti deduzioni del leggendario detective sono diluite in una massiccia dose di surrealismo, che gioca con i più popolari luoghi comuni sull’Inghilterra.
Ai toni farseschi della narrazione, si aggiunga che tutte le storie ruotano attorno a un pugno di personaggi caratterizzati in modo molto netto, nella migliore tradizione della commedia: una coppia di cattivi, di cui uno un po’ tonto e con 364 denti, e l’altro, una vera mente criminale, ma con la testa a forma di pera; un commissario di polizia che, invece di battere le strade, passa le giornate dal barbiere a farsi lisciare il suo unico capello, di nome Filippo; una vicina di casa, la signora Gialtruda, che nel ripostiglio ha più cose di quante ne contenga il gonnellino di Eta Beta; il topo parlante Geltrudetto Drudrén, vero e proprio comprimario; e infine l’infallibile Wickson Alieni, investigatore così normale e ordinario da essere invisibile, perché nessuno lo guarda mai.
L’estrema normalità, che lo rende invisibile, per Wickson Alieni non è affatto un dramma. Da invisibile, anzi, può spiare indisturbato Milton Bobbitt e Roger T.L.L. mentre tramano le loro malefatte ai danni dell’Inghilterra, e sventare i loro piani con delle stravaganti trovate d’ingegno.
I tre casi si aprono e si chiudono con lo stesso ritornello, che fa da cornice alle storie e ne definisce l’atmosfera.
Nonostante la valanga di umorismo e stereotipi inglesi, però, la nebbia in cui passeggia Wickson Alieni sembrerebbe la stessa che, nel mese di novembre, avvolge i paeselli della provincia padana. E infatti nella seconda di copertina si legge che i personaggi di Tre casi per l’investigatore Wickson Alieni sono nati nei primi anni novanta, quando Luca Doninelli stava scrivendo il suo primo libro per ragazzi, Le avventure di Annibale Zumpapà (Vallardi, 1994). Il libro era una rielaborazione di storie inventate da alcuni bambini, ambientate nei pressi del lago di Garda, e dal calderone di creatività dei bambini con cui Doninelli lavorò in quel periodo nacquero anche Wickson Alieni, Geltrudetto Drudrén e tutti gli altri. Forse perché erano troppo british, o forse perché all’epoca non vennero fuori le storie giuste, questi personaggi sono rimasti fermi fino a oggi, proprio come gli orologi in copertina, con le lancette che puntano all’ora del tè. Ripescati quasi venticinque anni dopo, non potevano che abitare in una Londra un po’ di provincia, decisamente fuori dal tempo.
Il risultato è un libro divertente, spensierato, da leggere anche ad alta voce. La scrittura leggera e musicale, il gusto per la battuta facile, il surrealismo straripante fanno di Tre casi per l’investigatore Wickson Alieni uno svago che ci si concede con piacere, soprattutto nelle sere di novembre, mentre fuori c’è la nebbia e si sente solo un lontano rumore di passi dalla strada. Chiuso il libro, riguardando la copertina, viene il dubbio che Wickson Alieni sia lì tra tutti quegli orologi, ma non lo vediamo.
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