Suzy Lee è in questi giorni in Italia per presentare Linee, l’ultimo nato di una collezione imperdibile firmata Corraini. In attesa di “leggerlo”, ci tuffiamo ne L’onda.
L’onda, Suzy Lee
Corraini, 2008, Titolo originale: Wave, ISBN: 9788875701468
La bambina in riva al mare disegnata da Suzy Lee siamo tutti noi. Le bambine e i bambini di oggi, quelli che siamo stati o siamo ancora e i tanti che, per mille motivi, quell’onda se li porta o la stanno ancora aspettando.
Wave, questo il titolo originale del silent book, è un albo illustrato semplicemente immenso. Innazitutto per la sua capacità, in questi tempi di sbarchi infiniti, di riconciliarci con il mare e regalare quella sublime pluriemozione di cui sarebbe ignaro portatore. Lo stato d’animo in cui ne esplodono infiniti altri: subito la gioia, poi lo stupore, la paura, il senso del limite e, infine, la liberazione. E non c’è bisogno di alcuna parola, sarebbe ridondante.
Come pochi volumi, L’onda ti chiama già dallo scaffale su cui è esposto. Difficile resistervi.
La copertina è un piccolo capolavoro, la summa delle illustrazioni realizzate con carboncino e colori acrilici, poi rielaborate in digitale, che troverete pagina dopo pagina. E il segno e i colori, beh quelli, sono arte pura. Sembra quasi di immergersi nell’acqua, solo dopo essersi fatti sorprendere e rinfrescare dagli spruzzi.
La bimba sulla sabbia arriva correndo sul bagnasciuga accompagnata dalla madre, munita di parasole come a richiamare una tradizione di sapore orientale e, probabilmente, il rapporto della coreana Lee col figlio Sahn, a cui è dedicata l’opera.
Prima di bagnarsi i piedi, la piccola è raggiunta da cinque gabbiani. Incuriositi, tutti e sei, sembrano prendere le misure con l’enorme distesa spumeggiante che si trovano davanti.
I primi schizzi non raggiungono l’infante.
Ed è qui che si palesa uno dei primi misteri del libro. Ne ritroveremo altri più avanti, uno in particolare, quando nella piegatura delle pagine vedremo scomparire la mano e l’ultima estremità di un braccio della bambina, oltre che il muso e un’ala di due gabbiani.
Questa peculiarità è stata fraintesa e criticata e, spesso, archiviata come un errore di impaginazione. In realtà, Suzy Lee spiega la scelta anche nel manuale La trilogia del limite in cui rende pubblici gli appunti del suo lavoro. Le parti che sembrano mancare ne L’onda – ma anche in altri suoi lavori come Mirror e Ombra – rimandano deliberatamente al superamento dei limiti fisici della pagina e psicologici dell’osservatore portandoci in una nuova dimensione. Sono finite cioè in quell’altrove, quel luogo di passaggio fra realtà e fantasia che solo il singolo lettore può decidere come figurarsi. In mille modi differenti, quindi. E senza limiti. Provando ad imitare, magari, uno dei giochi preferiti dei bambini: il “fare finta di”, forse una delle massime espressioni della libertà di immaginazione.
E allora può capitare che mentre provi a fermare l’onda, in quel preciso istante in cui ti concentri per farlo, accada davvero: l’onda si blocca, senza infrangersi sull’arena. O che addirittura si crei un muro di bianco a metterti in salvo. Solo dopo averti lasciato giocare senza freni a calciare tutta l’acqua del mondo, liberando tossine e sconfiggendo mostri e paure.
A quel punto, la linguaccia ci sta proprio, eccome se ci sta! Punto esclamativo!
Per un attimo sarai tu l’immensità, il Davide che ferma Golia.
Una vittoria che, però, non ti farà montar la testa. Anzi. È arrivato il momento di lasciarsi travolgere. Di assaporare acqua e sale. E pure qualche conchiglia e due o tre stelle di mare.
Un vero inno alla gioia.
Grazie mare, sembra dire la piccola quando, dopo aver raggiunto il nirvana, osserva le dita delle sue mani: spugne sotto l’acqua cristallina. È ora di andare, i cinque gabbiani han già preso il volo.
Il parasole di mamma è aperto, pronto ad accoglierti. Ciao, ciao mare. Resta lì, non te ne andare.
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