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Il fantastico viaggio di Stella

Il Fantastico Viaggio di Stella_Michelle Cuevas_PSR19

Impossibile non pensare a Interstellar di Christopher Nolan, leggendo Il fantastico viaggio di Stella (DeA, 2018), l’ultimo romanzo della bravissima Michelle Cuevas. Il film e il libro hanno alla base gli stessi due ingredienti chiave: un buco nero e un rapporto padre-figlia.

Interstellar è l’odissea dell’ingegnere Cooper che lascia sua figlia Murph sulla Terra, parte alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile per l’uomo e alla fine, pur di tornare da sua figlia, si infila in un buco nero. Mentre Cooper trascorre pochi anni nell’iperspazio, Murph passa tutta la vita ad aspettare il suo ritorno, e Il fantastico viaggio di Stella, pur con le dovute differenze, potrebbe essere la versione di Murph di Interstellar, perché, come la figlia di Cooper, anche Stella Rodriguez ha perso suo padre. È il 1977, però, e il padre di Stella, un ingegnere della Nasa, non è partito per avventure nell’iperspazio: più banalmente, è morto.

Qualcuno fece le pulci a Nolan sulla plausibilità del suo buco nero, ma per chi non ha problemi con la sospensione dell’incredulità, alla fine Interstellar è la storia di un legame tra padre e figlia che resiste al tempo, allo spazio e alle loro più o meno plausibili distorsioni.

Altrettanto forte è il legame, spezzato, di Stella con suo padre. È talmente forte che tutto il libro è scritto alla seconda persona singolare: Stella rivolge il suo racconto al ricordo vivido del padre che porterà sempre nel suo cuore.

La bambina vorrebbe consegnare a Carl Sagan un nastro con la registrazione di una conversazione in cui lei e suo padre ridono per delle freddure a tema spaziale, e convincere lo scienziato a includerlo nel Voyager Golden Record. Davanti ai cancelli della Nasa, però, prima che Stella possa incontrare Sagan, scatta un allarme rosso: tutta la base è in subbuglio e la bambina rinuncia al suo intento. Tornata a casa, scopre di esser stata seguita da un tenero cucciolo di buco nero evaso dalla Nasa, perché Michelle Cuevas, con una disinvoltura che a Nolan non è concessa, se ne frega dell’accuratezza scientifica.

Stella adotta il buco nero, delle dimensioni di un gattino, e gli dà anche un nome: Larry, da Singu-Larry-ty, cioè singolarità, che è il cuore del buco nero, e più precisamente uno spazio in cui le leggi della fisica che governano l’universo vanno a farsi benedire. Lo tiene in casa e lo nutre con tutto ciò che può ricordarle suo padre, illudendosi che, così facendo, le cose andranno meglio per lei e per la sua famiglia.

Il titolo originale del romanzo è The Care and Feeding of a Pet Black Hole, per chiarire che sì, se c’è un buco nero nella storia è perché prima o poi Stella ovviamente deve esserne risucchiata, ma Il fantastico viaggio di Stella non è un romanzo sui buchi neri: il tema fondamentale è l’elaborazione del lutto, di cui il buco nero è una metafora fin troppo palese e prevedibile. Larry è la materializzazione (o meglio, anti-materializzazione) del vuoto interiore della bambina, nero come la morte, vorace, distruttivo e pericoloso: più Stella nutre Larry, più il buco nero si allarga, fino a mangiarsi tutto. Davanti alle spiacevoli conseguenze impreviste della dieta di Larry, Stella si fa coraggio e oltrepassa l’orizzonte degli eventi. Scopo della missione: recuperare i ricordi di suo padre e fare i conti con la realtà.

Il fantastico viaggio di Stella è uno dei candidati finalisti al Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2019, nella categoria +6.
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